Perché dipingiamo?

  • View Larger Image Bambina con spatola per dipingere

Passare ore davanti a un cavalletto sovrastato da una tela per dipingere, o chini sopra a un album da disegno.

Uscire di casa con sottobraccio un blocco per gli schizzi, con matita, temperino e gomma infilati in una tasca.

Riprogrammare tutta la nostra routine per poter frequentare quello specifico corso di pittura, con quel determinato insegnante. Oppure, il fatto di uscire dalla zona di comfort, mettendo da parte i fidati colori acrilici e cimentarsi invece con gli acquerelli, per affrontare una nuova sfida.

Insomma, perché dipingiamo? Perché investiamo tutto questo tempo, queste energie e queste risorse nell’arte?

Scopriamo insieme i motivi per cui dipingiamo

Ecco una bella domanda, una questione che di certo non ha un’unica risposta, in nessun caso, e che invece ha delle risposte facili e delle risposte difficili.

Eppure… eppure chi passa quotidianamente o quasi del tempo a tu per tu con un pennello o con un altro accessorio per dare libero sfogo alla propria voglia d’arte visuale – e non solo – dovrebbe porsi questa domanda. Questo consentirebbe di capire meglio il perché del proprio approccio all’arte e dare il giusto valore a quello che, qualcuno, potrebbe definire come un hobby, un passatempo. Dunque, vediamolo insieme: perché dipingiamo?

Perché dipingiamo? Le risposte facili

Perché dipingiamo? Partiamo con le risposte facili, quelle che arrivano in pochi secondi, senza nemmeno pensarci tanto.

In molti casi dipingiamo perché lo abbiamo sempre fatto, perché ci sembra una cosa naturale, fin da quando eravamo piccini. C’è chi, appena imparato a camminare, si mette a correre dietro a un pallone, e non smette più fino a quando ha il fiato per farlo. Chi invece inizia a cantare, o chi inizia a strimpellare con la chitarra o con un altro strumento.

Si può trovare chi allo stesso modo trova naturalissimo scrivere, o magari più semplicemente leggere, macinando libri su libri ogni settimana. E c’è chi, per l’appunto, dipinge, iniziando da piccolo, a casa e a scuola, per poi non smettere più.

Dipingiamo per aumentare stima in noi stessi e magari per farlo diventare un lavoro

Dipingiamo, poi, per avere soddisfazione, per incrementare la stima in noi stessi, spinti dalla grande soddisfazione che abbiamo avuto nel terminare il nostro primo dipinto, o dalla felicità che ci donano i nostri paesaggi o i nostri ritratti appesi nelle nostre stanze.

In tanti casi dipingiamo nella speranza di poter far diventare l’arte un mestiere, e quindi nella prospettiva di poter organizzare in futuro – si spera non troppo lontano – una mostra personale, con l’obiettivo di poter iniziare a vendere i propri quadri e chissà, riuscire magari a campare solo di pittura.

In questo senso, va detto, non si parla solamente del lato economico, ma anche dell’ambizione di diventare dei Pittori, con la P maiuscola, e magari di guadagnare un giorno un posto fisso all’interno di una pinacoteca, di un museo, e magari dei libri d’arte. Insomma, l’ambizione non ha un ruolo troppo ristretto nelle motivazioni che ci spingono a dipingere.

Molte volte siamo spinti da genitori e amici

Ma non è tutto qui. Dipingiamo talvolta perché qualcuno dei nostri genitori faceva altrettanto, o perché un nostro amico ci ha iniziato a questa attività.

Altre volte dipingiamo perché la pittura ci dona quella calma che non abbiamo saputo trovare in altre attività, perché lì, in quelle ore spese di fronte a una tela, ci sembra di poter dimenticare ansie, preoccupazioni e frustrazioni.

C’è poi chi dipinge perché qualcuno lo ha spinto a farlo, a forza di complimenti per i primi lavori. O magari c’è chi ha iniziato a dipingere come parte integrante di un progetto “personale”, per stimolare la creatività, per migliorare la propria comunicazione verso l’esterno, o persino per migliorare la motricità delle mani.

Ecco, queste sono le tante risposte semplici – talvolta non del tutto – alla domanda “perché dipingiamo?”. Ma ti diremo: esiste anche un’altra risposta a questa domanda, più complessa, più profonda, più completa.

Perché dipingiamo? Una risposta più difficile

Per capire perché dipingiamo, perché dipingiamo davvero, è necessario andare un po’ indietro nel tempo.

Qualche secolo fa, infatti, era in un certo modo più semplice capire perché dipingevamo. Era semplice: dipingevamo per produrre un dipinto, una tavola che ritraeva qualcosa, perché così doveva essere. Punto.
Ecco, superficialmente si potrebbe pensare che anche oggi l’artista dipinga per questo. Ma le cose non stanno così, non più.

Dipingiamo per vivere un’esperienza

A un certo punto, a guardare l’atto artistico molto da vicino, l’uomo ha capito che il fine non era tanto il dipinto in sé, quanto proprio il fatto di dipingere, l’esperienza artistica.
Potremmo quindi dire che dipingiamo perché dipingiamo, perché vogliamo vivere l’esperienza del dipingere.

Pensaci un po’: per secoli l’uomo è stato convinto di essere stato messo nel mondo in quanto espressione della volontà – meglio, della parola – di Dio. Anzi, ogni singola azione era manifestazione concreta del volere divino.

A un certo punto, sul nascere dell’epoca moderna, si è però invece iniziato a pensare che l’uomo era in realtà un essere autonomo, in grado di definire il proprio destino, auto-definendo sé stesso. A partire da questa nuova visione non si può che guardare diversamente anche all’arte, anche se va detto che ci volle un po’ di tempo per arrivare fino in fondo a questo pensiero.

Nelle opere esprimiamo noi stessi, le nostre sensazioni ed emozioni

L’artista, in quanto umano, è una persona che si auto-definisce, è un soggetto che riporta su tela degli oggetti separati da esso, che dipinge insomma il mondo, qualcosa di estraneo e di esterno.

Ma è davvero così? Non è più corretto dire che l’artista, mentre dipinge, definisce sé stesso, portando quindi su carta la propria esperienza, le proprie sensazioni, il proprio essere e divenire umano, e quindi artista?

Da questa prospettiva, quando facciamo dei segni su una tela, insomma, non ci limitiamo a riportare il mondo esterno. No, riportiamo anche, talvolta soprattutto, noi stessi. Altrimenti da dove arriverebbe tutta la fascinazione per i dipinti dei grandi maestri, per delle natura morte, per dei paesaggi che potremmo semplicemente vedere direttamente con i nostri occhi, o su delle fotografie?

A capirlo del tutto furono per primi gli impressionisti, e quindi Manet, Degas, Cézanne, Monet, e Renoir, dando finalmente la prevalenza non all’oggettività, quanto alla propria soggettività e alle proprie emozioni. Osservando le ballerine di Degas, il levar del sole di Monet o le mele di Cézanne non ci concentriamo su delle ballerine, sul sole o su delle mele: ci concentriamo su Degas, su Monet e su Cezanne.

Ecco perché dipingiamo: per essere noi stessi, per sentire, vedere, e diventare qualcosina di più, a ogni dipinto.

Articolo scritto da:

Federico è appassionato di scrittura, di arte e di sport. Su MomArte si occupa della realizzazione degli articoli e dei rapporti con gli Artisti con cui collaboriamo!

Leave A Comment