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La pittura a tempera affonda le sue radici nell'antichità: se volessimo trovare le prove più lontane dell'utilizzo di questa particolare tecnica pittorica nella nostra Penisola, dovremmo andare indietro con lo sguardo fino alle decorazioni delle tombe etrusche. Anche i romani, del resto, conoscevano la pittura a tempera, e le pitture parietali pompeiane ne sono la prova.
Ma cosa definisce questa pittura? Beh, a differenziarla dalle altre sono ovviamente i particolari prodotti per la tempera, a partire da quelli utilizzati per realizzare i colori.
La tempera, infatti, utilizza della normale acqua per sciogliere e mescolare resine vegetali come terre e pietre macinate a sostanze di varia natura, come l'uovo, la gomma arabica, il lattice di fico o la colla di pesce. Ognuna di queste sostanze, ovviamente, vanta uno scopo ben preciso. Caratterizzata dall'applicazione di strati sottili di colore sul supporto pittorico, la pittura a tempera restituisce un risultato coprente ed opaco.
Ma quali sono le altre caratteristiche di questa tecnica pittorica, riportata prepotentemente in auge a fine Ottocento da artisti del calibro di Moreau, Bocklin e Klimt?
Si può dipingere con le tempere su una moltitudine di supporti, ma non c'è dubbio che i risultati migliori siano quelli ottenuto lavorando su tavole o su tele, nonché sull'apposita carta per la pittura a tempera, tipicamente raccolta in comodi album.
Se un tempo gli artisti dovevano prepararsi laboriosamente i colori prima di iniziare un'opera, oggi i colori sono già pronti all'uso in comodi tubetti: le tempere si asciugano molto in fretta, e sono caratterizzate da un marcato cambiamento di tonalità dal momento della stesura a quello dell'essiccazione, tratti che ben si sposano con l'applicazione successiva di strati sottili di colore.
Oltre ai supporti e ai colori servono ovviamente altri prodotti per la pittura a tempera, come i pennelli – di tante forme e materiali – e altri prodotti ausiliari, per diluire i colori e per dare gli ultimi ritocchi ai dipinti.